LO SQUAT
Lo squat rappresenta il primo dei tre esercizi fondamentali: squat, panca e stacco.
È un esercizio multiarticolare, ad altissima sinergia muscolare, che coinvolge un numero elevato di articolazioni e gruppi muscolari nel corso della sua esecuzione.
Parlando di un esercizio completo come lo squat è facile perdere ore ad analizzarne la biomeccanica a livello articolare e delle attivazioni muscolari, ma si rischia di perdere di vista un concetto fondamentale: quanto più andremo a prendere in esame un movimento complicato come può essere un’alzata fondamentale, tanto più sarà necessario vederlo in ottica di una skill motoria da affinare nel suo complesso, senza soffermarci in maniera spesso controproducente sul particolare e perdendo di vista l’insieme generale.
La prima domanda che possiamo porci è: esiste un solo tipo di squat? Oppure esiste uno squat da bodybuilder, da powerlifter, da weightlifter, che risulti diverso per ciascuna disciplina?
Dare una risposta è più complicato di quanto sembri: lo squat come abilità motoria/skill va interpretato sempre nella medesima maniera, ma se un bodybuilder andrà a ricercare l’esecuzione che gli consenta la massima stimolazione a livello muscolare con i minimi rischi di infortunio, un powerlifter lo imposterà invece in maniera tale da avere la massima efficienza sotto carico e quindi raggiungere la miglior prestazione possibile in pedana e un weightlifter lo utilizzerà come movimento accessorio alle alzate olimpiche (snatch e clean & jerk) e andrà a ricercare un movimento che gli dia il maggior transfer possibile sui movimenti di gara.
Ciò che cambierà saranno quindi dei dettagli in termini di impostazione tecnica dell’alzata, mantenendo però degli aspetti comuni standard in tutti i contesti, e soprattutto cambierà la gestione della programmazione dell’alzata all’interno di un ciclo di allenamento, che verrà modulata in base agli obiettivi specifici di ogni disciplina.
- Impostazione tecnica
- Attrezzatura nello squat
- Sfatiamo qualche mito
- Varianti dello squat
- Conclusioni
Impostazione tecnica
Abbiamo capito quindi come parlare di squat sia un argomento estremamente complicato e vasto, in quanto per natura è un movimento che richiede una personalizzazione e degli adattamenti alla struttura e alla disciplina di chi lo esegue; è altrettanto vero però che esistono delle regole generali da seguire, che rappresentano un punto di partenza ottimale per chi si approccia all’esercizio.
Sono proprio questi standard e queste indicazioni generali che andremo ad analizzare di seguito nell’impostazione tecnica del gesto.
APPOGGIO DEL BILANCIERE: SQUAT HIGH BAR O LOW BAR?
La prima problematica che ci si presenta consiste nel punto di appoggio del bilanciere e quindi nello scegliere se effettuare uno squat high bar o low bar.
Nello squat high bar il bilanciere appoggia sulla sommità del trapezio. Il busto rimane tendenzialmente più verticale durante la fase di discesa, l’angolo all’anca è solitamente più aperto (con un movimento quindi più ginocchio dominante). È un movimento che di solito si rivela maggiormente adatto ai principianti, perché li costringe a shiftare il carico più sulla gamba e meno sulla bassa schiena ed a gestire le tensioni toraciche che si creano durante l’esecuzione del movimento in una posizione più favorevole.
Nello squat low bar Il bilanciere appoggia all’altezza della spina della scapola. Il busto è tendenzialmente più inclinato, l’angolo all’anca è quasi sempre più chiuso (movimento più anca dominante). È un gesto che si rivela spesso meno adatto ai principianti perché viene richiesta una maggiore mobilità e capacità di gestire il tratto toracico per l’incastro del bilanciere, che se mal gestito si traduce in un maggiore carico a livello della bassa schiena.
A livello di leve articolari ovviamente posizionare il bilanciere più in basso è quasi sempre conveniente in termini di efficienza e prestazione, ma come risulta evidente da quanto appena detto, sarà necessaria un’anzianità allenante ed una capacità propriocettiva maggiore per imparare a sfruttare al meglio questo vantaggio.
POSIZIONE DELLA TESTA
La posizione del capo nello squat influenza direttamente la tensione a livello cervicale/del trapezio. Per un principiante è consigliabile solitamente partire con il capo leggermente più basso, mantenendo quindi il tratto cervicale in posizione neutra, per poi personalizzare l’alzata in un secondo momento abbassandolo o alzandolo leggermente. Le estremizzazioni (sguardo estremamente in alto/in basso) raramente hanno senso in quanto creano tensioni muscolari maggiori e rendono più difficile la propriocezione dell’appoggio del piede a terra.
PRESA SUL BILANCIERE
La presa va scelta in base alle caratteristiche soggettive ed antropometriche del soggetto preso in esame: per un principiante sarà comunque sempre più indicato non stringerla eccessivamente per evitare di sviluppare tensioni muscolari eccessive.
L’appoggio del bilanciere sulla mano è a livello del carpo, in maniera tale che il bilanciere si appoggi e venga sostenuto senza bisogno di generare una spinta/trazione attiva (senza quindi avere la sensazione di piegare o tirare il bilanciere). I gomiti andranno a puntare leggermente all’indietro, così da creare una superficie maggiore di appoggio a livello del trapezio e del deltoide posteriore.
ATTEGGIAMENTO DEL TRATTO TORACICO
Il tratto toracico deve essere rilassato: il trapezio in particolare non deve rimanere contratto e in tensione durante l’esecuzione dell’esercizio, in maniera tale da permettere al bilanciere di incastrarsi in maniera ottimale, senza necessitare di un supporto attivo da parte delle braccia.
Le scapole rimangono in posizione fisiologica: NON SONO ADDOTTE, perché questo ci porterebbe a sviluppare tensioni controproducenti. La respirazione nello squat non è toracica ma addominale, per evitare di creare tensioni attivando la muscolatura secondaria coinvolta nell’inspirazione.
CORE E GESTIONE DEL BACINO
L’atteggiamento corretto in posizione di partenza e durante l’esecuzione dello squat è con il bacino in posizione di leggera antiversione/neutralità, che ci permetterà di esprimere la massima efficienza sotto carico, riducendo al minimo i rischi di infortunio.
Il core andrà stabilizzato effettuando un’inspirazione prima di scendere e attivando la muscolatura addominale in maniera isometrica (in maniera simile ad una manovra di Valsalva).
È particolarmente importante non esasperare l’attivazione dell’addome in quanto il retto addominale si inserisce a livello della sinfisi pubica, e quindi una contrazione esasperata porta all’avvicinamento tra pube e processo xifoideo dello sterno, e quindi alla retroversione del bacino.
È fondamentale che in posizione di partenza gambe e glutei rimangano rilassati, in maniera tale da permettere una corretta gestione del bacino in discesa: non deve ruotare o cambiare inclinazione.
I muscoli «ancora» in questa fase sono i posteriori della coscia (ischiocrurali): allungandosi ci permettono di mantenere stabile il bacino; viceversa, se andiamo ad accorciarli, dal momento che originano dalle tuberosità ischiatiche, si trascinano dietro il bacino portandolo in retroversione.
STANCE E DISTRIBUZIONE DEL PESO SUL PIEDE
La stance nello squat è un aspetto altamente personalizzabile.
Tanto più andremo ad aumentarla, quanto più le punte dei piedi andranno ad extraruotare di conseguenza (fino ad un massimo di 40-45°).
È fondamentale la distribuzione del peso in partenza e durante la fase eccentrica e concentrica: dovrà essere sempre equidistribuito tra avampiede e tallone, in maniera tale da garantire un corretto bilanciamento e un’attivazione omogenea di catena anteriore e posteriore.
La fase di set up, la posizione di partenza, la fase negativa e positiva dovranno quindi necessariamente tenere conto di tutti questi aspetti basilari, che rappresentano un punto di partenza imprescindibile per impostare correttamente il movimento.
Attrezzatura nello squat
Trattandosi di un movimento complesso in cui è possibile raggiungere sovraccarichi molto elevati, anche l’attrezzatura che andremo ad utilizzare durante l’esecuzione ha una certa rilevanza. Vediamo di seguito gli accessori più utili e la loro funzione.
SCARPE
(In foto a sx scarpe NRG® Golden Era https://www.dlshop.it/prodotto-sneakers-nrg-golden-era)
Partiamo da un presupposto fondamentale, ovvero che la tecnica esecutiva che dobbiamo acquisire o utilizzare nel movimento non è mai relativa al tipo di scarpa utilizzata: la calzatura deve essere scelta rispecchiando quelle che sono le esigenze strutturali e antropometriche di ciascuno di noi, per andare ad aumentare l’efficienza sotto carico.
Esistono fondamentalmente due tipi di scarpe adatte allo squat: scarpe piatte e scarpe con il tacco.
Vanno assolutamente scartate tutte quelle calzature che non hanno una suola rigida (il classico esempio sono le scarpe da running) e che hanno una pianta troppo stretta.
La scarpa piatta è solitamente più adatta a chi vuole ricercare una sensazione di maggiore stabilità e propriocezione del piede a terra.
È consigliata per chi ha uno squat che si appoggia maggiormente alla catena posteriore, ma anche per chi ha necessità di maggiore solidità e rigidità in buca a carichi elevati (l’esempio classico può essere un soggetto iper mobile che non riesce a stabilizzare l’inversione in buca del movimento).
La scarpa con il tacco ha il grande vantaggio di migliorare gli angoli articolari in buca e facilitare l’affondo, al prezzo però di una maggiore instabilità dovuta allo sbilanciamento anteriore provocato dal rialzo sul tallone.
È fondamentale imparare a gestire questo aspetto per ottimizzarne l’utilizzo, ed è anche la principale motivazione per cui ha senso che un principiante utilizzi inizialmente una scarpa con un tacco poco pronunciato.
CINTURA
(In foto Powerlifting Lever Belt NRG® https://www.dlshop.it/prodotto-powerlifting-lever-belt)
La cintura nello squat è un accessorio molto utile: serve infatti ad aumentare la stabilità del core quando abbiamo il bilanciere sulle spalle, facilitandoci la sensazione di espansione dell’addome contro la resistenza della cintura quando andiamo ad inspirare e in seguito ad effettuare una contrazione isometrica della muscolatura del core.
La cintura deve avere una larghezza uniforme di circa 10 cm in tutta la circonferenza ed uno spessore che varia dai 7 mm per le cinture più morbide e sottili fino ai 13 mm delle cinture più rigide. Solitamente uno spessore di 10mm rappresenta un ottimo punto di partenza per chi acquista la sua prima cintura.
POLSINI E GINOCCHIERE
(In foto Ginocchiere NRG® https://www.dlshop.it/index.php?page=prodotto&codart=85 e Polsini Hard NRG® https://www.dlshop.it/index.php?page=prodotto&codart=64)
L’utilizzo dei polsini e delle ginocchiere ci fornisce supporto e stabilità all’articolazione del polso e del ginocchio, riducendo lo stress articolare derivante da esercizi che gravano su queste articolazioni. Nel caso specifico delle ginocchiere, in contesti agonistici, capita molto spesso che vengano scelti modelli particolarmente stretti e rigidi per aumentare anche la performance in gara.
Sfatiamo qualche mito
CAVIGLIA BLOCCATA E PELVIC TILT
È estremamente comune che chiunque si sia approcciato allo squat e abbia tentato di informarsi in merito alla sua esecuzione tecnica sia venuto a contatto con almeno una di queste situazioni: l’impossibilità di effettuare un affondo completo in fase negativa per colpa di una caviglia bloccata, piuttosto che la rotazione del bacino in buca denominata comunemente pelvic tilt.
Sebbene prendano in esame due articolazioni diverse e distanti, entrambe riflettono in realtà una problematica simile e che nella maggioranza dei casi ha una soluzione identica, che nulla ha a che fare con rigidità articolari e muscolari.
Innanzitutto è importante fare una premessa: sebbene siano estremamente rari, esistono dei casi in cui effettivamente il problema è riconducibile alla sfera articolare e muscolare, e in questo caso la soluzione dovrà necessariamente passare dalla mobilitazione articolare e dall’allungamento muscolare.
Ma nel 99% dei casi quelle che vengono risolte ed etichettate come problematiche strutturali hanno in realtà una sola origine comune, ovvero un deficit di propriocezione e di coordinazione che ci porta ad assumere atteggiamenti inefficienti ed anche potenzialmente pericolosi sotto carico.
La soluzione in questi casi è semplice: un programma di allenamento calibrato sulle necessità del singolo soggetto, che vada a colmare le lacune tecniche del movimento, lavorando in maniera tale da migliorarne la qualità e l’efficienza.
Come abbiamo detto in precedenza lo squat va trattato come una skill motoria a tutti gli effetti, e come tale è fondamentale continuare ad affinarla e perfezionarla, per diventare sempre più efficaci con un carico in spalla.
Varianti dello squat
Quando parliamo di squat non dobbiamo dimenticarci che esistono diverse variazioni sul movimento che possono essere estremamente utili in un contesto di perfezionamento tecnico, piuttosto che in ottica di aumentare lo stress muscolare. Vediamone assieme alcune.
SQUAT CON FERMO IN BUCA
Rappresenta forse la variante più conosciuta, si tratta di effettuare uno squat eseguendo un’isometria di durata variabile nel punto più basso del movimento (buca).
La sua utilità risiede principalmente nella possibilità di lavorare sulla propriocezione e sull’appoggio in quello che è senz’altro il momento più critico dell’alzata, ovvero l’inversione del movimento dalla fase negativa a quella di spinta.
BOX SQUAT
È una variante che deriva dal powerlifting attrezzato, in cui l’utilizzo di corpetti rigidi impediva di scendere sotto il parallelo con dei carichi insufficienti.
Può essere utilizzata per imparare a gestire la discesa al meglio, fornendo un punto di riferimento la cui altezza viene scelta in base alle esigenze: sopra al parallelo o al parallelo per un principiante che si sta approcciando al movimento, sotto al parallelo man mano che viene presa confidenza con l’alzata o per atleti più avanzati.
SQUAT ISOCINETICO/TEMPO SQUAT
Una variante che ha preso piede negli ultimi anni nel powerlifting non attrezzato in virtù delle sue potenzialità di perfezionamento tecnico in primis, ma che ha dei risvolti estremamente interessanti anche in ottica di aumentare lo stimolo muscolare aumentando il tempo sotto carico.
Si tratta fondamentalmente di uno squat in cui una o più parti del movimento sono rallentate in maniera omogenea, permettendoci di prestare più attenzione a non commettere determinati errori o ricercare input specifici, ma anche banalmente di fare più fatica con percentuali di carico meno elevate.
Conclusioni
Abbiamo visto come lo squat rappresenti un movimento dalla complessità elevata e che pertanto sia necessario approcciarsi ad esso consapevoli di tutti gli aspetti che sono coinvolti nella sua esecuzione.
L’alta sinergia muscolare che lo caratterizza come alzata fondamentale lo rende adatto ad essere utilizzato in una ampissima gamma di situazioni, dal bodybuilding alla preparazione atletica, adattandolo ogni volta alle esigenze specifiche di ciascuna disciplina con un programma di allenamento adeguato.